Matilde Mezzalama questo il nome della protagonista dell’ultimo libro di Paola Cereda “Quella metà di noi” (Perrone Editore – 2019), è una donna non più giovane, maestra in pensione, vedova, con una figlia e due nipoti. Vive a Torino, in periferia, nel quartiere Barriera dove lei è sopravvissuta ma sua figlia no. Il nome “Barriera” da già l’idea di un qualcosa che divide, o dentro o fuori. La Cereda ha utilizzato proprio questo quartiere dove far vivere la sua protagonista per evidenziare sia la sicurezza di Matilde che il disagio di Emanuela, sua figlia, che infatti, appena ha potuto ha sposato un uomo benestante, con suoceri benestanti, ed è scappata, per trasferirsi nella zona in precollina la parte bene di Torino, dove è più “in” vivere.
”Emanuela non voleva essere una ragazza di periferia. A differenza delle excompagne di classe e dei vicini di cortile, per lei il marchio born in Barriera non era un certificato di provenienza ma solo uno svantaggio. I palazzi, la parlata, le bande di quartiere, le vite circolari degli abitanti erano segni una partenza obbligata dalla fila penultima, alla quale aveva risposto con un impegno severo negli studi. Adesso era sposata e abitava in precollina , e sapessi mamma che bel fresco che fa qui da noi mentre da te si muore di caldo. Verde-silenzioso-comodo ai servizi, era lo slogan con cui Emanuela pubblicizzava il suo nuovo indirizzo, dove Matilde non andava neanche per le feste comandate, per non portare le espressioni, le abitudini, le tende di cotone, la cerata con i pompelmi e i mobili comprati a rate da Aiazzone.”
Non esiste dialogo tra Matilde e Emanuela, l’unico contatto sono le richieste di soldi, di regali costosi per le nipoti, che Matilde non può permettersi. Non lo può fare perché ha un segreto, ha contratto un grosso debito, e sua figlia naturalmente ne è all’oscuro. Cosi Matilde deve reinventarsi, trovando di un nuovo un lavoro. Andrà a fare la badante, ad un anziano e malato ingegnere, Giacomo Dutto, e questo incontro servirà alle vite di entrambi, Matilde troverà la chiave per rileggere i propri errori e l’ingegnere per colmare il vuoto di un’esistenza complicata.
” Matilde” “La ascolto ingegnere” “Pietro ha ragione quando dice come sarebbe bello…” “Tornare bambini?” “Di più. Desiderare come desiderano i bambini.” Desiderare con gusto. Farlo pienamente. Disperarsi per ottenere. Bearsi della conquista. Ricominciare a volere. Lo disse senza malinconia, stringendo a se la mano offesa.”
Matilde vive solo con quella metà che può mostrare, ma arriverà il momento del riscatto, di svuotare il sacco, impossessarsi della sua vita e mostrare la metà nascosta, anche a se stessa, riuscirà, insomma a buttare giù quella “barriera” non solo geografica.
Paola Cereda scrive in modo essenziale e tagliente, ma la scrittura è fluida e coinvolgente, vuoi sapere fin dove potrà spingersi con la storia di queste vite, apparentemente misere e tristi, ma che attraverso la penna della scrittrice, diventano assolutamente interessanti.
Paola Cereda nasce in Brianza ma vive a Torino. Con i suoi romanzi ha vinto diversi premi. Oltre a “Quella metà di noi” ricordiamo “Confessioni audaci di un ballerino di liscio” (Baldini e Castoldi – 2017)
Cristina De Regibus, 24 agosto 2019