“Benvenuti a Radiografia nera, i delitti di cronaca dal 1945 al 1976 che questa radio non ha potuto raccontare”. Tommaso Bertelli e Matteo Liuzzi sono gli ideatori di una fortunata trasmissione radiofonica, “Radiografia Nera”, trasmessa da una storica radio milanese, Radio Popolare. L’incipit di ogni puntata non poteva che essere anche l’incipit di questa recensione perché il libro di cui parliamo è stato tratto dalla trasmissione radiofonica, in onda ormai da diversi anni, dove in ogni puntata vengono raccontati episodi della cronaca nera milanese accaduti prima che Radio Popolare iniziasse le sue trasmissioni, il 1976 appunto, e che pertanto quella radio non aveva potuto raccontare.
Il libro raccoglie 15 delitti tra i tantissimi raccontati alla radio, dalla sottrazione del cadavere di Mussolini nel 1946 fino al rapimento della Regina del galoppo, un purosangue imbattibile, nel 1975, attraverso bische, furti, rapine, omicidi, inseguimenti, tutti passati agli onori della cronaca del tempo spesso con grandissimo risalto sulla stampa.
Ogni cronaca è come un giallo, giri le pagine impaziente per scoprire chi è il colpevole, ti appassioni alle piste seguite dagli investigatori, fino al finale che, come in ogni buon giallo, lascia sempre qualche dubbio e riporta alla dura realtà, mentre il battito della macchina da scrivere compila i verbali. Ciascun episodio termina con l’ipotetico verbale del caso redatto in un fumoso ufficio della questura di Milano mai descritto ma che ti sembra di esserci dentro. E in questa immagine c’è il bello di “Milanesi brava gente” che nella sua cronaca di quei fatti restituisce una narrazione realistica ma nello stesso tempo poetica e commossa di una città e di un’epoca che non c’è più ma che possiamo quasi vedere, come nelle vecchie fotografia in bianco e nero un po’ consumate dal tempo. Come in ogni narrazione realistica i fatti emergono nella loro dimensione cruda e a tratti perfino feroce (gli autori hanno passato anni negli archivi delle forze dell’ordine e dei giornali per documentarsi), ma il tempo che ci separa da quei fatti, l’ambiente in cui si svolsero (il boom economico, le lotte di classe, le conquiste sociali, la guerra fredda, gli anni di piombo) e soprattutto lo stile narrativo di Liuzzi e Bertelli, li trasformano in un affascinante affresco di “Milano com’era” che ancora vive nei cuori e nei ricordi di molti di noi.
Chi conosce Milano e l’ha vissuta all’epoca dei fatti non potrà che provare una certa emozione a percorrerla sulle pantere della polizia da Viale Corsica a Porta Genova, da Via Giambellino a Corso Buenos Aires, per seguire le mosse repentine di quegli investigatori che poi avrebbero ricevuto importanti incarichi e onorificenze, come Mario Nardone, Achille Serra e Carlo Alberto Dalla Chiesa. Ma anche i più giovani, che questi fatti e quegli anni non li hanno vissuti, possono recuperarne in qualche modo il ricordo. D’altra parte gli autori sono molto più giovani dei fatti raccontati e devono avere fatto prima questo recupero loro stessi, per poterci far rivivere quella Milano fumosa e grigia ma piena di fascino.
E così incontriamo vere e proprie leggende della mala milanese: il Principe dei ladri, la Banda del Rififì, L’Amazzone dello scippo. Quella mala ‘artigianale’ che delinque un po’ per vivere un po’ per ‘passione’, la ligéra che gestiva bische e bordelli prima di essere soppiantata dalla malavita organizzata di stampo mafioso. Ma incontriamo anche quei personaggi che spiccano più per la loro umanità che per la propensione al crimine, gli stessi cantati da Ornella Vanoni, Nanni Svampa, Enzo Jannacci. Personaggi come quello inventato che “Faceva il palo nella Banda dell’Ortica”, o come quello vero, Cirasella, che nel 1959 non ancora ventenne faceva il ladro di automobili. Il commissario Nardone decide di mandarlo a casa dalla mamma ad Avellino sperando che lei riuscisse a redimerlo meglio di come poteva farlo il carcere di S.Vittore perché “a vent’anni si ha sempre il diritto a un’altra possibilità”.
Ma Cirasella ritorna a Milano e di nuovo si fa pizzicare e rispedire a casa, e così via molte volte fino a quella notte in Questura dove di servizio c’è proprio Nardone: “ – Eccolo qui il nostro Milanese a tutti i costi. Allora, Cirasella, che facciamo? Avellino o San Vittore? Dimmi tu. – Dottore, posso scegliere? Davvero? […] E allora preferisco San Vittore. Basta che mi fa stare a Milano.”
Consiglio questo bel libro a chi ha interesse a scoprire un’epoca da poco passata dalla cronaca alla storia, a chi ama Milano, a chi piacciono i gialli e i noir, a chi ha un animo vagamente poetico e sensibile.
Vittorio Benzi, 30 dicembre 2018