Inghilterra, campagna dell’Hertfordshire, ai primi del 1800. Siamo in casa Bennet: esatto proprio quella di “Orgoglio e Pregiudizio” di Jane Austen, con la famiglia al completo nella tenuta di Longbourn House, madre, padre, le cinque ragazze da maritare e la servitù. Su quest’ultima si concentra il romanzo: Mr Hill, maggiordomo e cocchiere, Mrs Hill, sua moglie, la governante, la “mamy” di casa, e le due sguattere, Sarah e la piccola Polly. Sarah è la protagonista del racconto, mentre intorno a lei ruotano e si inseriscono altri personaggi, tra i qualiJames Smith, che assumerà poco a poco un grosso peso nella storia. Arriva un giorno dalla strada dei campi e lì rimane in qualità di cocchiere. Ruvido, essenziale, James porta con sé un segreto, che si dipanerà verso la fine del racconto, e porterà alla luce un passato pieno di eventi insospettabili, custoditi e ignoti anche nella tranquilla famiglia Bennet.
La vita di Sarah è completamente diversa dalle ragazze Bennet, scorre parallela ma è separata da un solco profondo. Ognuna di loro è frutto del proprio ambiente. L’autrice non dà giudizi: per la signora Bennet il principale affanno è maritare bene le proprie figlie, le signorine eteree, comprese nell’apparire nella loro vita sociale, lustrate al meglio per essere messe in mostra alla fiera dei fidanzati. Per Sarah la vita è tutt’altra cosa, fin da quando era bambina: è lavoro, duro da prima che spunti l’alba,mani rosse e screpolate, l’umiliazione di lavare la biancheria altrui, svuotare pitali. È intelligente, perspicace, sa leggere, eppure conscia che non può esprimere opinioni, solo obbedire e servire. Assolve con scrupolosità il suo lavoro, ma è molto determinata a volere “un posto dove poter essere e basta, senza avere sempre l’obbligo di fare qualcosa…aveva un’idea abbastanza precisa di quel che le mancava…”
Un racconto che si sviluppa su una quotidianità condivisa, vista dalle cucine e dalle stanze di chi solitamente non ha voce, solo braccia per lavorare, di “ombre che andavano e venivano ai margini della luce”. Con molta delicatezza, senza stravolgere i personaggi del famoso libro cui si ispira, l’autrice ci accompagna negli angoli dimenticati, in gesti silenziosi, passi appena accennati, ma vitali ed essenziali per l’andamento di una dimora borghese di quei tempi. Sono subalterni che vivono, tutto sommato, abbastanza bene, mangiano buoni pasti e hanno un tetto sotto cui dormire,ricevono anche un piccolo stipendio, un cambio ritenuto più che equo per il loro lavoro. Tutto qui, a loro non viene richiesto nulla di più di un utensile. Eppure sonopersone che hanno sentimenti, sogni, dolori, si innamorano, hanno un passato. Il racconto non si limita alle cucine di Longbourn House, varca i confini della tenuta, si immerge in un passato temporale, durante la terribile di guerra in Spagna e Portogallo, contro l’esercito francese di Napoleone, affronta i drammi della fame, degli interrogativi senza risposta di un uomo costretto ad uccidere, a subire la più drammatica delle ingiustizie.
Lo stile è scorrevole, leggero, mai sdolcinato, a volte con un retrogusto di amaro, laddove ci ricorda che le convenzioni sociali, l’apparire, non potevano essere assolutamente prevaricate o disattese, ricco di descrizioni accurate sull’ambiente, sulla natura nelle varie stagioni e anche di notizie curiose sull’andamento domestico ai primi dell”800.
Ho molto apprezzato questo libro perché la scrittrice ha rivisitato un classico dando voce a chi non ne aveva, alle ombre che passano nelle pagine del romanzo senza lasciare traccia. Una rivalutazione doverosa delle classi del “piano inferiore”, con uno stile limpido, scorrevole, ricco di descrizioni sull’ambiente domestico dei primi dell’800. Rivisitare i classici è sempre un azzardo e una scommessa: in questo caso direi assolutamente vincenti per l’autrice.
Jo Baker è nata nel Lancashire e ha studiato a Oxford e Belfast. Insegna scrittura creativa all’Università di Lancaster, è autrice di altri quattro romanzi – The Mermaid’s Child, The Telling, The Undertow e Offcomer – nonché sceneggiatrice. Longbourn House è stato tradotto in più di dieci lingue.
Carla Maria Cappa, 21 agosto 2018