“Brevemente risplendiamo sulla terra” di Ocean Vuong

Quest’anno il lockdown ci ha regalato un salone del libro di Torino alternativo, diverso, online. Fortunatamente la cultura non si ferma e ho avuto il piacere di ascoltare l’intervista che Claudia Durastanti ha fatto a Ocean Vuong, giovane scrittore e poeta vietnamita, che con “Brevemente risplendiamo sulla terra”, edito da La nave di Teseo (2020) è uscito con il suo romanzo d’esordio.

Il libro si presenta in forma epistolare, con paragrafi brevi ma intensi, talvolta squarci di poesia, dove il protagonista, Little Dog, si racconta alla madre.

“Cara Ma’-
Lascia che cominci daccapo.
Scrivo perché è tardi.
Perché sono le 9.52 di sera di un martedì e tu forse stai tornando a casa a piedi dopo l’ultimo turno.
[…] Ti scrivo perché io non sono quello che se ne va, ma quello che torna, a mani vuote.”

Rose, madre difficile, bipolare, con cui il ragazzo vive un rapporto simbiotico. Da lei accetta tutto, persino le botte. Lei lo protegge nell’unico modo che conosce, con la durezza che la vita le ha regalato: la guerra, un uomo violento, la migrazione, il disorientamento e l’adattamento in America, il duro lavoro e la malattia. Quasi analfabeta, Rose! Del vietnamita conosce solo parole di guerra e in inglese solo “Happy Birthday” che canta al suo bambino come una nenia.

A quel suo ragazzino lei vuole dare una possibilità:
“Non attirare l’attenzione degli altri su di te. Già sei vietnamita”

Due i fondamentali in questo libro, la memoria familiare e la crescita del protagonista. Il primo punto viene pienamente soddisfatto dai racconti della vecchia nonna Lan, con cui trasmette tutta la saggezza della sua difficile vita con le sue memorie. La nonna che sa che capisce.

“In cambio, venivo ripagato con le sue storie. Lei iniziava a parlare e il tono di voce calava di un’ottava […] Ecco senti questa storia Little Dog, questa ti farà impazzire. Sei pronto? Ma ti importa un po’ delle cose che dico? Bene. Perché io non mento mai.”

Il secondo punto è espresso nel rito melodioso della scrittura, che lo rende un romanzo studiato, fatto di metafore delicate, dialoghi inseriti con sapienza, poesia là dove serve e prosa poetica che rende la lettura straordinaria.

La poetica del romanzo vince anche sui duri racconti del narratore : Il Vietnam e l’America, le difficoltà della migrazione il sogno americano, il lavoro nelle piantagioni di tabacco, la ricerca di una propria identità sessuale e l’inevitabile scontro interiore e non solo con l’omofobia.

“Trevor sedici anni; blue jeans sporchi di sangue di cervo.
Trevor troppo veloce e mai abbastanza. […]
Perché l’estate. Perché le tue mani. […]
Tre lentiggini sul naso.
Tre punti su una frase a forma di ragazzo. […]
Trevor: Preferisco i girasoli. Crescono così alti. […]
Ti prego dimmi che non lo sono, ha detto, Non sono un frocio. Lo sono? Lo sono? Lo sei? “

Vorrei anche citare ed elogiare l’impeccabile traduzione di Claudia Durastanti, perché riuscire a rimanere così fedele ad un romanzo fatto di continui cambi tra prosa e poesia mantenendo l’essenza che l’autore desidera trasmettere, non deve essere stato semplice. Mi piacerebbe chiederglielo.

Ocean Vuong è un giovane poeta, che ha saputo con questo suo primo romanzo trasmettere un profondo messaggio di libertà. Vorrei consigliare dello stesso autore la raccolta di poesie “Cielo notturno con fori d’uscita” edito da La nave di Teseo (2016)

Cristina De Regibus, 3 settembre 2020