Igor Chierici e Luca Cicolella hanno realizzato e interpretato la prima e unica trasposizione teatrale di un’opera di Hugo Pratt autorizzata da Cong Sa, la società svizzera che detiene i diritti del compianto fumettista veneziano, creatore di Corto Maltese.
“La ballata del mare salato”, liberamente ispirata all’originale storia di Corto Maltese (“Una ballata del mare salato”), dopo la prima nazionale al festival di Borgio Verezzi, è stata rappresentata al Porto Antico di Genova sull’ “Isola delle chiatte”, tra il 26 e il 30 agosto 2021.
Abbiamo raggiunto Igor e Luca durante le pause delle prove su questa suggestiva e forse unica location teatrale in mezzo al mare, dove ci siamo intrattenuti con gli autori per un’intervista e qualche foto.
Intervista a cura di: Vittorio Benzi e Giuseppe Marcolin
Fotografie di Gianluca Russo – gianluca.russo.insta
Igor Chierici, genovese, classe 1987, musicista con laurea in pianoforte e composizione, attore, regista teatrale, regista cinematografico e probabilmente dimentico qualcosa; chi è Igor Chierici? Raccontaci di te e del tuo percorso professionale ed artistico.
Indubbiamente tutte queste “targhette” fanno parte della mia persona, sono connotazioni che identificano il mio percorso artistico ma anche soprattutto di vita. Nasco come musicista, ma mi sono appassionato presto al mondo della “messa in scena” più che della recitazione, perché mi piace tutto quello che gira intorno al mondo teatrale e cinematografico, dalla scenografia alle luci. Questo percorso lo condivido da tanti anni con Luca Cicolella: entrambi siamo registi, autori di diversi lavori che abbiamo realizzato e portato in scena a quattro mani, qualche volta singolarmente, poi spesso li abbiamo diretti insieme e, infine, ne siamo stati interpreti insieme sul palcoscenico. Un sodalizio che dura ormai da sei anni, specialmente in questa location genovese.
Luca Cicolella, come hai incrociato il tuo percorso artistico con quello di Igor?
Sono attore e regista foggiano, nel 2012 sono arrivato a Genova per frequentare la Scuola di Recitazione del Teatro Stabile dove mi sono diplomato e dove ho incontrato Igor, con il quale abbiamo cominciato a condividere esperienze e progetti artistici. Da sei anni collaboriano con il Festival Sea’s Stories, ideato da Igor, dove portiamo in scena le regie che firmiamo sempre insieme e che spesso poi ci vedono in scena come “protagonista” e “antagonista”, come in questo caso: lui è Corto Maltese e io Rasputin. Ci divertiamo a vestire panni diversi in questa location che ha come cornice il mare e che quindi è perfetta per le storie di mare che sono pensate proprio per questo posto.
Avete interpretato Shakespeare e Jonesco, Macchiavelli e Dacia Maraini, con la quale avete anche collaborato direttamente. Ci sono letture, libri, scrittori che hanno segnato e indirizzato il vostro percorso artistico?
Igor. La Maraini e Shakespeare sono state tappe importanti del mio persorso: con Dacia abbiamo lavorato insieme su alcune letture, ho interpretato ruoli che appartengono alla drammaturgia di Shakespeare collaborando con il Teatro Necessario all’interno del carcere di Marassi. Tuttavia la letteratura, lo stile letterario, a cui sono più legato e che più mi ispira, è quello degli autori molto descrittivi, da Dickens a Melville, che ben si adattano al teatro che amo mettere in scena. Moby Dick è un testo al quale sono molto legato al punto da portarne un tatuaggio. Dickens l’ho amato molto, soprattutto alcuni racconti descrittivi estremamente puntuali, in particolare il soggiorno di Dickens a Genova che trovo narrata in modo molto moderno, ma anche ad esempio “Il canto di Natale”, che ho portato in scena per diversi anni, con uno stile di narrazione che si rispecchia anche in quello che vedrete oggi. Mi piace raccontare una storia cercando di ammiccare, far sbirciare il pubblico oltre la “quarta parete” su quello che succede “dentro” la storia e fare in modo che possa esserne coinvolto direttamente; o magari, come nel caso dello spettacolo di oggi, sfondando prorpio la “quarta parete” e portando anche il pubblico in scena.
(La “quarta parete” è un’espressione che indica, nella terminologia dello spettacolo, un “muro immaginario” posto di fronte al palco di un teatro, attraverso il quale il pubblico osserva l’azione che si svolge nel mondo dell’opera rappresentata. N.d.R.).
Luca. Per me oltre all’esperienza con Dacia Maraini, condivisa con Igor, sono stati molto importanti la Mandragola di Macchiavelli e il Cyrano de Bergerac di Ronstand, entrambi con Jurij Ferrini, così come le regie con Giorgio Gallione che fa tutto un altro genere di teatro ma è molto attento alla confezione registica e tutto questo è tornato molto utile per dare forma a certe idee che Igor scrive. Il confronto con un occhio esterno ha creato soluzioni artistiche inaspettate anche per lui che le aveva scritte, perché le ho proposte io sulla base di un altro tipo di esperienza di teatro. Tutte le esperienze che abbiamo fatto sono rilevanti e si fondono in un linguaggio che è il nostro format, perfino la collaborazzione che faccio con una compagnia danese di clownerie, che apparentemente non ha nulla a che fare con i nostro teatro. Quando dirigiamo gli attori ci accorgiamo che certe idee possono essere spiegate più facilmente usando altri linguaggi.
Igor, mi piace molto il tuo riferimento ad un certo tipo di letteratura descrittiva che anch’io amo. Certo l’influenza di Melville e Conrad sono molto importanti anche nell’opera di Pratt. Tuttavia Pratt è forse più un suggestivo che un descrittivo, lasciava molto spazio nei suoi racconti, non so se inconsciamente, alla soggettività di chi lo legge. E allora la domanda per entrambi è: perché “Una ballata del mare salato”, che cosa vi ha spinto a lavorare su un’opera per altro difficile da trasporre in forma teatrale, densa com’è di avvenimenti e colpi di scena e con tanti personaggi importanti e forti?
Igor. La suggestione di rappresentare Corto Maltese è arrivata un paio di anni fa dal direttore artistico del Festival di Borgio Verezzi, Stefano Delfino che, insieme alla moglie Sonia, hanno visto in me forse una certa somiglianza con il personaggio. È stata un’intelligente visione perché, sapendo che raccontiamo storie di mare e che il mare è diventato il nostro palcoscenico – come diceva Luca questa è un po’ la nostra firma, quella che ci ha portato a farci conoscere – la scelta di una storia di Corto Maltese e in particolare della Ballata diventa quasi automatica, perchè appunto parla di mare. Il mare è uno dei protagonisti al punto che le prime parole della storia le pronuncia proprio il mare: “Sono l’Oceano Pacifico e sono il più grande di tutti”. Inoltre la Ballata è il primo episodio di Corto Maltese, fu scritto da Hugo Pratt proprio quando lavorava qui a Genova, siamo prossimi al cinquantenario della sua prima pubblicazione in volume. Tutti motivi che rafforzano la scelta.
In merito alla tua domanda sulla descrittività, trattandosi di un fumetto, per quanto evocativo, dal momento che l’autore traccia una linea diventa anche automaticamente descrittivo. Ne consegue che portare in scena un personaggio come Corto Maltese ci ha investito di una doppia responsabilità, quella di non tradire l’immaginario “iconografico” che rappresenta per i suoi lettori e anche quella di rispettare la sua immagine reale disegnata, perché a differenza di Achab, che possiamo immaginare con la barba a punta per via del cinema (Gregory Peck nei panni di Achab in “Moby Dick, la balena bianca” del 1956 – N.d.R.), ma resta un volto immaginario, con Corto dovevamo rispettare un volto reale.
Luca. Concordo. Corto è Corto, Rasputin è Rasputin, poi ci sono Cain, Pandora, Cranio, Il Monaco, Slutter… dovevamo essere credibili. Ho appoggiato subito l’intuizione di Igor di rappresentare il primo episodio, per quanto complesso, perché la maggior difficoltà del fumetto è quella di raccontare un personaggio che si sviluppa e si evolve attraverso più storie, la necessità di riassumere e contrarre comporta il rischio in qualche modo di sminuirlo. Invece raccontando la prima storia, che è poi anche la genesi del personaggio, ci dava modo di rappresentarlo dal principio e di “presentarlo” anche a chi non lo conosce già. Poi “Una ballata del mare salato” è anche piena di informazioni sulla vita di Corto, scopriamo che c’è un passato che lo ha portato lì e, dalla fine di questo episodio, sarà poi il Corto che tutti inizieranno ad amare e mitizzare. Raccontare la genesi è secondo me la cosa più rispettosa da fare nei confronti di una operazione difficile come quella di portare un fumetto in carne ed ossa. C’è il rischio di diventare dei cosplay, il confine è molto sottile.
Nei confronti delle difficoltà di seguire tutti gli eventi, i colpi di scena i personaggi che la Ballata propone, come in tutte le riduzioni teatrali, occorre fare delle scelte. L’autore deve avere la libertà di raccontare quello che più lo ha colpito. Come in un film non dobbiamo dispiacerci se il regista non ha messo una certa scena, tramutare un libro in linguaggi differenti è più un omaggio che una replica.
Igor, come sei arrivato a concepire uno spettacolo basato su un romanzo a fumetti? È un progetto che avevi nel cassetto oppure ci sei arrivato in modo un po’ più casuale, nel senso che poteva essere anche un altro romanzo ‘tradizionale’ con una storia altrettanto convincente.
Prima della proposta del direttore del Festival di Borgio Verezzi non avevo mai pensato di portare in scena un fumetto. Però confesso che molti romanzi e storie di cui ho scritto la drammaturgia per il teatro, da Moby Dick alla storia dell’esploratore Shakleton, Da Ulisse a Frankenstein, mi sono rifatto alla versione fumetto perché trovo che le versioni a fumetti regalino suggestioni visive che sono ispiratrici, e poi perché hanno la grande capacità di sintetizzare. Di un romanzo come Moby Dick di 700-800 pagine, esistono versioni a fumetti magnifiche come quella di Dino Battaglia o quella di Christophe Chabouté, che ne trasmettono molto bene il senso. Anche noi nel teatro dobbiamo raccontare una storia cercando di darne il senso completo pur dovendolo necessariamente ridurre. Nel caso di Moby Dick il significato maggiore sta nell’attesa della comparsa della balena sul mare, l’attesa nel teatro è rischiosa perché il pubblico può stufarsi, ispirarsi alle immagini del fumetto ha aiutato a crearla.
Luca, c’è un personaggio che non hai mai interpretato ma che è un tuo sogno nel cassetto interpretare?
Si, sicuramente Amleto, perché secondo me rappresenta tutta quella fascia di giovani che non riescono a farsi capire e a trovare la loro strada. Ho vissuto personalmente la difficoltà di crearsi un proprio spazio di attenzione e di credibilità, se sei giovane oggi non è facile. Sento il desiderio di rappresentare questa condizione interpretando la figura di Amleto.
Qual è stata la soddisfazione più grande nel mettere in scena “La ballata del mare salato”?
Igor. Vedere i fan di Corto Maltese venire a vedere lo spettacolo senza conoscere noi e poi chiederci di autografare le loro copie, anche quelle preziose da collezione, dell’opera di Pratt. Significa che hai saputo raccontare qualcosa di cui la gente vuole sentire parlare.
Luca. È una grande soddisfazione personale fare uno spettacolo come questo, ma è bello soprattutto quando il pubblico lo riconosce. Devi lavorare pensando al pubblico, se lavori solo per te il pubblico se ne accorge e non ti segue più.
Personaggi magnetici e iconici come Corto Maltese o come lo stesso Rasputin fanno quasi paura. Qual è stato il passaggio che vi ha messo più in difficoltà per entrare nei personaggi e raccontarli? Cominciamo da Luca-Rasputin il “pazzo” per antonomasia.
A parte il “trucco e il parrucco” che devo usare per forza per diventarlo, non posso dire che Rasputin mi somigli, perché non sono un pazzo guerrafondaio, mentre invece Corto assomiglia un po’ a Igor. Ha aiutato ad entrare nella parte il trovare delle somiglianze tra il nostro rapporto (tra me e Igor) di scambio continuo su ogni punto di vista, a volte anche feroce, e i due personaggi che interpretiamo. Abbiamo cercato di trasportare la nostra amicizia, il nostro amore-odio, in chiave comica ma anche profonda, che rappresentasse il rapporto tra i due. Rasputin come ogni antagonista esiste per esaltare il protagonista: è cattivissimo, egoista, violento, squilibrato, eppure il pubblico ci si affeziona, perché finisce per riconoscersi in qualche aspetto del personaggio; Rasputin vive nella speranza di essere come Corto e sa che non lo sarà mai, e questa è una cosa che tutti noi desideriamo almeno una volta nella vita, poter essere qualcun altro.
Passiamo a te Igor, come hai ‘fronteggiato’ Corto Maltese
Corto, nonostante l’aspetto fisico che un po’ può somigliarmi, è in realtà molto lontano, non tanto da me, ma dal nostro tempo, perché è un uomo del Novecento che vive a cavallo della Prima Guerra Mondiale. Quello che ho fatto con lui nello scrivere la sceneggiatura, ma anche con gli altri personaggi, pure quelli secondari, è dare loro una profondità, una sfaccettatura più complessa. Rasputin non vuole essere contrariato, altrimenti reagisce sparando, come quando uccide Cranio; eppure ci sono nella sua testa i fantasmi di una umanità repressa che a volte si manifestano; così come in Corto, soprattutto all’inizio, ci sono tratti di indifferenza e cinismo anche nei confronti di una vittima indifesa come Pandora.
Corto Maltese vive nel primo Novecento, ma il suo fascino principale è di essere un uomo libero, che non riconosce confini e questa è un’aspirazione universale e senza tempo.
Igor. Da questo punto di vista il mare che ci circonda gioca un ruolo determinante. Siamo qui in questo scenario, il mare richiama lo sguardo al largo verso l’orizzonte, come ricorda anche Ismaele in Moby Dick, il mare è sconfinato, è un richiamo irresistibile di libertà che si manifesta anche nel “nostos” di Ulisse: la sua nostalgia per la casa che, una volta tornato dal viaggio in mare, si trasforma nel desiderio di voler subito ripartire. In Corto Maltese ho trovato profonda traccia di questo.
Luca. Prendiamo Shakespere: perché pur essendo le sue tragedie ambientate in altra epoca oggi la gente ancora ci si riconosce? Perché tratta temi che sono senza tempo. Il desiderio di essere liberi senza confini è un desiderio primordiale di tutti, in questo senso Corto Maltese è destinato a restare sempre attuale.
I diritti di Corto Maltese sono detenuti dagli eredi di Pratt attraverso una società svizzera, la Cong Sa, gelosissima del proprio patrimonio; difficilmente acconsente a realizzare mostre, spettacoli, libri che siano riferiti a Hugo Pratt e Corto Maltese. Voi avete ottenuto la loro autorizzazione per questo spettacolo, mi risulta sia la prima e unica volta per una rappresentazione teatrale. E stato difficile ottenerla? Che percorso avete seguito per raggiungere questo risultato?
Luca. C’è stato un precedente, uno spettacolo di Giole Dix che però non era la rappresentazione di una storia di Corto Maltese, ma un recital a lui dedicato. Quando ad Igor venne l’idea, fu una telefonata di Giorgio Gallione a spianare la strada, segnalando la nostra richiesta e facendo in modo che venisse attenzionata. Poi naturalmente sono stati il progetto e la sceneggiatura di Igor a convincerli, oltre al fatto che avevamo un background di storie di mare.
Igor. la musica in questo spettacolo ha giocato un ruolo molto importante nella approvazione di Cong Sa. La musica è il sesto attore in scena, accompagna e racconta tutto il percorso per mare. Nel fumetto questo ruolo di accompagnamento è svolto dai gabbiani, che sono il tratto inconfondibile di Pratt; qua l’elemento portante è la colonna sonora che accompagna tutta la narrazione, nei momenti romantici e in quelli tesi della navigazione, così come nei canti e nelle percussioni tribali dopo lo sbarco sull’isola.
Noi vorremo stare qui a parlare per ore, ma ci avviciniamo alla fine dell’intervista, anche perché andate in scena tra poco. C’è qualche consiglio che vi sentite di dare ad un giovane, ad un neolaureato in qualche materia artistica, che desidera intraprendere un percorso artistico?
Luca. Avere una visione, un’idea che si pensa di poter portare al pubblico. L’Artista è un tramite tra ciò che si vuole proporre e il pubblico, deve sempre chiedersi: “perchè io e non qualcun altro?”
Igor. Cito una frase che ha usato qualcuno molto famoso, Steve Jobs: “siate affamati”. Occorre ‘nutrirsi’ di tante esperienze e saperi. L’arte ha tante diramazioni e sfumature, come una pianta, e come una pianta va dissetata, il fuoco artistico va alimentato in continuazione.
Come diceva Kierkegaard nell’ “Aut Aut”, o lo fai o non lo fai.
Igor. esatto, non puoi farlo a metà, il fuoco artistico non deve essere lasciato spegnersi.
Luca. è una vocazione, e bisogna anche capire quanto si è disposti a mettere tutti se stessi, perché l’arte da tanto ma chiede anche tanto.
Si naviga in mare aperto, come in Moby Dick!
Quali sono i vostri progetti nel breve termine, la Ballata la replicherete? Avete in cantiere altri progetti?
Igor. A Genova, al Palazzo Dicale, sta per arrivare la più grande mostra mai realizzata in Europa su Hugo Pratt. (Dal 14 ottobre 2021 al 20 marzo 2022 – N.d.R.) Parlando con il direttivo del Palazzo Ducale, quindi con Luca Bizzarri e Serena Berolucci, è venuta l’idea di adattare il nostro spettacolo ad una visita museale, organizzando delle stazioni dove il visitatore, durante il suo percorso, incontra i personaggi della Ballata.
Luca. Questo lavoro sta risquotendo molto interesse, la nostra speranza è che, passata questa fase difficile legata alla pandemia, si possa organizzare una tournée. Poi abbiamo scrtitto uno spettacolo strutturato in una serie TV di cinque puntate con un finale in teatro, che può essere visto indipendentemente e che ha debuttato al Teatro Nazionale di Genova. Ce la siamo cantata e suonata, perché ne siamo anche i protagonisti.
Un DVD della Ballata?
Luca. Su questo bisogna chiedere autorizzazione alla Cong. Sarebbe interessante produrre uno sceneggiato di ‘teleteatro’, facendo le riprese in teatro con una regia televisiva ben fatta, a marchio Cong Sa.
Igor. Mai dire mai. Patrizia Zanotti si è dimostrata molto attenta, ha amato il progetto fin da subito. (Patrizia Zanotti è stata una storica collaboratrice di Hugo Pratt, colorista di molte sue opere, oggi direttore di Cong Sa. – N.d.R.).
Per concludere la domanda di rito che Libri Chiacchiere Caffè e Tè fa in ogni intervista, è un po’ il fil rouge che lega gli autori, i professionisti, gli artisti che incontriamo ai lettori del gruppo FB che gestiamo e di cui facciamo parte. C’è un libro che vi è particolarmente caro? Vi andrebbe di dirci qual è e di spiegarne il motivo?
Igor. Per me naturalmente Moby Dick, ne ho parlato tanto nel corso della nostra chiacchierata, avrete capito quanto ami la balena bianca. Ce l’ho qua tatuata sul braccio, il mio unico tatuaggio.
Luca.Il mio è un libro molto particolare non conosciuto, che scrisse mio nonno, che era giornalista e scrittore. SI tratta di un testo teatrale “Il giorno del girasole”, una commedia andata in scena nel 1978 e che ho avuto la fortuna di riportare sul palco qualche tempo fa, nel 2018. Racconta dei bombardamenti della città di Foggia, la mia città, che nel 1943 fu completamente distrutta. Parla in particolare della rinascita e di come il popolo ha dovuto ricostruire dalla ceneri. Ho interpretato un personaggio che sembrava scritto per me, un soldato che torna salvo dalla guerra e trova la sua città distrutta, la sua gente completamente cambiata, a partire dalla fidanzata che aveva comiciato a lavorare preparando ‘drink’ per gli americani. Credeva che tutto questo fosse un ‘prostituirsi’ morale dopo aver perso la guerra, invece c’è un personaggio chiave che gli insegna che, come i girasoli dobbiamo girarci, per cercare il sole e abbandonare il buio.
Grazie per la disponibilità e per la bella intervista, appuntamento a Genova in occasione della mostra su Pratt. E ora andiamo a goderci “La ballata del mare salato”.
La sequenza di questi quattro scatti sono ad opera di Giuseppe Marcolin durante lo svolgimento dello spettacolo