Ho ripreso la lettura di “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino dopo anni che l’avevo interrotta. Perché si interrompe la lettura d’un libro? Perché è brutto, noioso, banale, per chi lo legge certo; oppure perché è troppo denso, pesante, come uno sciroppo di parole non diluito….
Ma per “Se una notte d’inverno un viaggiatore” la ragione è diversa: il libro è troppo bello e non volevo che finisse. Retorica? Non tanto. È piuttosto qualcosa che anche voi, se amate leggere libri di carta, avete forse scoperto: lo spessore delle pagine restanti marca il tempo che resta per aggirarsi nel loro mondo. È un po’ come la vita, ogni giorno un giorno in meno, ogni pagina che ruota non torna più allo stesso modo. Il tempo esiste, Interrompere la lettura è allora una tentazione d’eternità.
Ma rinunciare al rimpianto a volte significa rinunciare alla vita. Per questo dopo anni ho ripreso e finito il libro. Il protagonista, chiamato “lettore”, sta per leggere l’ultimo romanzo di Calvino. Di lui non si dà volutamente nessuna descrizione, così ognuno è portato naturalmente a mettere sé stesso al suo posto.
Qui comincia il trucco, la potenza del libro: il tempo usato è il presente, che è proprio quello vissuto da chi sta lo sta leggendo; la storia non viene raccontata, son le emozioni di chi la legge ad essere descritte: non c’è descrizione fisica ma psicologica sì, eccome; il narratore si rivolge direttamente al lettore, trascinandolo di colpo nella storia. Non è più un libro, è uno specchio, e le nostre manie, le nostre debolezze fanno parte di esso, diventiamo i suoi personaggi. Solo dopo pensi che Calvino non ti conosce, che non è il libro a descriverti ma sei tu rapito ad imitare il protagonista: è tardi, ed ormai sei preda della storia.
Beh, pian piano il romanzo inizia: l’azione passa da chi legge alla storia letta, misteriosa, coinvolgente.
Sul più bello però le pagine si ripetono, il racconto si frantuma, si ritorna al lettore, al quale non resta che tornare il giorno dopo in libreria per farselo sostituire. Qui, dove la storia sembra interrompersi, in realtà ricomincia tutto. In libreria il giorno dopo il lettore scopre di non essere stato l’unica vittima della disavventura, che anche ad un’attraente lettrice è capitato lo stesso. Ottenuta un’altra copia, una volta a casa il lettore trova che il racconto è diverso, altrettanto bello. Purtroppo però, di nuovo sul più bello, si interrompe: non resta che tornar in libreria, dove ritrova la lettrice: anche a lei è capitato lo stesso.
Comincia così un funambolico viaggio che i due intraprendono su libri scritti tutti bene, tutti in modo diverso, tutti interrotti nei modi più disparati ma inevitabili, vivendo insieme avventure del mondo “reale” e trascinandoci in esse con loro.
Che posso dirvi di più? Che l’inizio è meraviglioso? Che il tema del libro è che il modo in cui si scrive a volte supera l’incanto di ciò che si racconta? Che è il lettore a dar vita ai libri almeno quanto chi li scrive e Calvino lo sapeva e ha dedicato a lui la storia, a noi in fondo? Non importa, tanto lo conoscete, di certo
lo avete già letto. E se non l’avete fatto, fatelo. Forse anche a voi alla fine capiterà di chiuderlo e fare un sospiro, allora sorriderete come ho fatto io.
Italo Calvino, senza dubbio uno dei più grandi narratori del Novecento, ha pubblicato “Se una notte d’inverno un viaggiatore” nel 1979.
Marco Solimano, 20 settembre 2018