Gli Sdraiati di Michele Serra (Feltrinelli – 2013) mi è stato regalato da mia figlia, con la raccomandazione di leggerlo perché “divertente ma anche ricco di spunti di riflessione….per noi”. “Noi”, ovviamente, in quanto padre e figlia, o magari padre e figlio, allargando il discorso al fratello che è costantemente nei pensieri, non sempre amorevoli, di una sorella maggiore.
Le aspettative sono state rispettate perché in effetti il libro diverte e contemporaneamente sa far riflettere, in modo acuto, sul rapporto tra un padre 50enne e un figlio 20enne ai nostri giorni, restando sempre in bilico tra la rappresentazione caricaturale e quella realistica, a tratti quasi spietata; d’altro canto trattandosi di un libro di Michele Serra, che conosco soprattutto per i suoi articoli sulla grande stampa nazionale, non avevo dubbi sulla sua capacità in tal senso, che deriva dalla esperienza nella satira e nel giornalismo.
Lo stile di scrittura è in effetti un po’ giornalistico, sintetico ed efficace, che non mi fa impazzire in un romanzo. Però “Gli sdraiati” in realtà non si può considerare un romanzo, è un libro che ci descrive. Descrive noi, padri 50enni di figli che hanno appena superato l’adolescenza ma che non sono ancora adulti compiuti e che, visti con i nostri occhi, pensiamo che non lo diventeranno mai. Gli sdraiati sono loro, i nostri figli, mollemente distesi sul divano, con una appendice elettronica tra le mani, gli auricolari nelle orecchie, enormi scarpe slacciate ai piedi e l’atteggiamento apparentemente indifferente, e incurante, verso ciò che li circonda. Alzi la mano il padre 50enne che non concorda!
Ho riconosciuto nei giovani “sdraiati” descritti da Serra, quelli disegnati da Zerocalcare nei suoi bei fumetti, con la differenza che Serra li guarda con gli occhi della mia generazione, mentre Zerocalacre li vede e li rappresenta come loro si vedono, come loro “sono”, perché appartiene ad un’altra generazione.
Il conflitto generazionale tra genitori e figli è sempre esistito, ed è forse anche argomento trito e ritrito, ma Serra è bravissimo nel descrivere la situazione “storica” che ci pone, noi e loro, in un contesto senza precedenti e quindi senza riferimenti. La mia generazione è quella che, insieme ai nostri fratelli maggiori, ha scardinato e fatto crollare le consuetudini e le regole “assolute” su cui si imperniavano le nostre esistenze, quel confine netto tra ciò che è socialmente accettabile e ciò che non lo è, confine che costituiva un riferimento sicuro rispetto al quale tracciare le proprie scelte e le proprie esistenze. Chi superava quel confine sapeva perfettamente di andare oltre il “lecito” e di doversene assumere la responsabilità.
Ora che siamo 50enni quella distruzione operata da giovani, di cui siamo giustamente fieri, ci si ritorce contro perché non abbiamo più leve, punti fermi, al di fuori delle nostre soggettive convinzioni, che ci aiutino ad indirizzare i nostri figli verso quello che riteniamo “giusto” per loro. Un “giusto” che è del tutto soggettivo e quindi debole e indifendibile perché le nostre stesse convinzioni vacillano…
Questa figura debole e insicura è proprio l’antitesi della tradizionale figura del padre, quella figura perfettamente incarnata dai nostri padri, dai loro padri prima e dai padri dei loro padri prima ancora.
“…l’imperativo è il modo che ho dismesso – che abbiamo dismesso, noi dopo-padri di questa dopo-epoca – e dunque riesco a usarlo solamente in parodia”, stupefacente come Serra renda bene il concetto. Bellissimo poi come racconta i pensieri, i tormenti, i sogni, le incazzature, i goffi tentativi di dialogo del dopo-padre, e devo dire che mi ci ritrovo completamente e anche un po’ disperatamente.
Vorrei però aggiungere una mia riflessione personale su un punto nodale della attuale incomunicabilità generazionale che Serra nel suo libro sfiora ma non approfondisce. Quando noi, padri di adesso, eravamo giovani figli, avevamo valori comuni condivisi dalla nostra generazione, completamente diversi da quelli delle generazioni precedenti (che ne avevano avuti anche loro): la visione di un mondo libero da convenzioni perbeniste, con maggiori diritti, caratterizzato da conquiste sociali come la diffusione di istruzione e benessere, e, soprattutto, solidale e altruista. solidarietà. Insomma credevamo veramente di poter realizzare una rivoluzione dalla quale non si sarebbe più tornati indietro. Ma non ci siamo riusciti, la mia generazione ha vinto diverse battaglie, ma ha perso la guerra, la nostra Waterloo definitiva sono stati i fatti di Genova nel 2001. In quei giorni, che mi hanno lasciato una ferita mai rimarginata, lo strapotere di una visione del mondo basata esclusivamente su interesse individuale, profitto, egoismo ha preso il sopravvento e nessuno vi si oppone più. Tra le conseguenze disastrose a cui questa visione ci sta conducendo c’è anche il fatto che i giovani di oggi, contrariamente a quelli di ieri, non hanno più sogni condivisi, al massimo obiettivi individuali; questo Serra lo dice ma non lo spiega, e secondo me è proprio l’aspetto più “difficile” della relazione tra genitori e figli oggi.
Detto ciò, il libro è piacevole, interessante, veloce, brillante. Attraverso gli episodi narrati si delinea il pensiero dell’autore sul tema centrale del libro e si è condotti a pensare: “….e quindi che si fa?” Beh, questo non ve lo posso certo svelare, ma vi assicuro che vi divertirete fino all’ultima pagina.
Adesso che sto per riporre il libro in libreria posso dirvi che non sarà stata la miglior lettura che ho mai fatto ma di certo avrà un posto molto speciale tra gli altri volumi, perché la dedica che mi ci ha scritto mia figlia è davvero bellissima, quella che ogni padre vorrebbe leggere.
Vittorio Benzi, 18 novembre 2018