Non ho mai amato il ciclismo, in realtà non amo particolarmente seguire lo sport, non sono mai stata tifosa, neanche delle grandi eccellenze sportive italiane. Magari simpatizzante, ma non tifosa. Questo preambolo lo faccio riguardo al romanzo che ho appena finito di leggere “Cadrò, sognando di volare” di Fabio Genovesi.
Apprezzo moltissimo questo scrittore che mi aveva conquistato con “Chi manda le onde” e poi anche con “Il mare dove non si tocca” e quando è uscito il suo ultimo libro ho pensato subito di leggerlo. In realtà quando ho letto la trama non mi ha appassionata immediatamente, perché affrontava il tema del ciclismo, che come dicevo prima non mi ha mai interessato.
La storia è quella di Fabio, 24 anni, studente in giurisprudenza, ma senza l’ambizione di diventare avvocato. Anzi si trova a seguire questi studi a causa della cugina Alessandra. Una famiglia semplice quella di Fabio, che nel momento in cui il figlio riceverà la chiamata per il militare, acconsentirà perché lui come obiettore di coscienza passi questo periodo in un convento di frati come educatore. Ricorrendo poi all’aiuto di un influente avvocato, che cercherà di farlo riformare.
…”C’è un’altra cartolina. [..] C’era sopra il mio nome, ma veniva dal distretto militare. Io il militare non lo volevo fare avevo scelto l’obiezione di coscienza infatti mi avevano accontentato: tra una settimana partivo.
Non per Siviglia, per il servizio civile.
Un anno.
In cima gli Appennini.
In una casa di riposo.
Per preti.
L’ho detto ai miei, lì in cucina. E mio padre, giuro: “Va bene così non ti perdi il Giro d’Italia.”
Il punto saliente della nostra storia è che ci troviamo nel 1998, anno in cui Marco Pantani, campione prematuramente scomparso del ciclismo italiano, vince il giro D’Italia e si iscrive al tour de France. Intanto Fabio, questo strano ragazzo, un pò ingenuo, che non ha ancora avuto esperienze amorose, che più di tutto ama ascoltare i Doors e il ciclismo, conosce il direttore del convento, Don Basagni, un frate allettato, con un carattere burbero e ruvido, che non usa mezze parole rivolgendosi al povero Fabio, con cui condivide la passione incontrollata per il ciclismo. Il rapporto tra questi due personaggi si basa su un sogno, quello di Pantani, che darà la forza ad entrambi di mettere in discussione la loro esistenza. Marco Pantani, uno degli sportivi più amati di sempre, perchè non era un calcolatore, ma si buttava allo sbaraglio, con grande generosità.
Quello che più mi ha colpito di questo libro sono le descrizioni delle imprese del “Pirata”.
…” E se ogni grande salita è un assassino , il Galibier è uno strangolatore: più sali e più aumenta la pendenza, ti finisce senza fretta, fino in cima, fino in fondo. La prima volta l’hanno scalato nel 1911, solo tre corridori ci sono riusciti pedalando. Chi non metteva piede a terra diventava per sempre un eroe, un gigante della strada. E Marco è un gigante adesso, così grande che la telecamera non riesce a prenderlo tutto insieme, si vede il colore della maglietta che deborda e si mescola a quello dei tifosi scatenati, si lega a questo giorno che è una notte e si impasta nei nostri occhi.”
Infatti, verso la fine del libro l’autore narra con dovizia di particolari la scalata del ciclista sul Galibier durante il tour de France.
Mi ha incuriosito e l’ho cercata su YouTube. Un’esplosione di emozione, eh sì perché quando comprendi l’animo di una persona, per come Genovesi descrive il corridore, hai la percezione di conoscere lo spirito e quello che ha spinto questo campione ad affrontare salite massacranti con un tempo davvero record, sotto un’acqua martellante ed un vento che ti falcia. Sono molto stupita delle sensazioni che mi hanno attraversato finendo il libro dopo aver anche visto il video. Allora vorrei fare i complimenti a Fabio Genovesi per aver fatto provare a me, una profana del ciclismo, delle emozioni così forti (che hanno raggiunto l’apice anche con un bel pianto) che mi rimarranno ancora una volta incatenate come per gli altri suoilibri.
Fabio Genovesi (Forte dei Marmi 1974) ha pubblicato per Mondadori “Il mare dove non si tocca”(2017), “Chi manda le onde” (Premio strega giovani nel 2015), “Versilia rock city”(2012), “Esche vive” (2011).
Collabora con il “Corriere della Sera“ e il suo settimanale “La Lettura”.
Cristina De Regibus, 31 marzo 2020