Ero indeciso se scrivere adesso la recensione de “L’assassinio del Commendatore – libro primo” di Murakami Haruki (Einaudi – 2018) o attendere di aver letto anche il seguito, il libro secondo che è uscito sempre per Einaudi all’inizio del 2019 e che non vedo l’ora di leggere.
Ho scelto di scrivere la recensione subito perché Murakami è un maestro nel tenerti appeso alle sue storie e le sensazioni che provo ora, che sono a metá dell’opera, sono certamente diverse da quelle che avrò alla fine e che non mancherò di andare a confrontare. Si perché la mia precedente esperienza con Murakami, “1Q84” in tre volumi, è stata proprio cosí: mi sono incollato a quelle 1200 pagine, desideroso di scoprire che cosa si svelasse infine dietro i fatti misteriosi, inquietanti, soprannaturali che fanno da sfondo all’improbabile storia d’amore (invero un po’ telenovela) tra i due protagonisti: un tranquillo professore di matematica, alias ghost writer di una geniale ragazzina dislessica, e una romatica ma spietata ninja killer. Poi il finale, devo ammettere, fu deludente, ma la lettura molto avvinciente, nonostante la lentezza degli accadimenti, grazie ad una scrittura magistrale e, appunto, alla capacità di Murakami di creare una tensione latente ed irresistibile.
Con “L’assassinio del Commendatore” siamo assolutamente sulla stessa lunghezza d’onda. Dico subito che, nonostante il titolo possa portare a pensarlo, “L’assassinio del Commendatore” non è un giallo; il titolo del libro deriva da quello di un quadro misterioso che è anche uno degli elementi cardini della storia. La pittura ricopre un ruolo centrale in tutto il romanzo; i protagonisti sono un pittore che si guadagna modestamente da vivere facendo ritratti, ed è appena stato lasciato dalla moglie in modo per lui del tutto inatteso, e un misterioso e colto uomo d’affari, ossessionato dal presentimento di aver avuto una figlia da una relazione ormai conclusa da tanti anni, così ricco da potersi ritirare dal lavoro e dedicarsi completamente alle tante passioni che lo animano, tra cui certamente anche la pittura.
L’incontro tra i due uomini conduce alla realizzazione del ritratto che il primo farà al secondo, con la promessa di esercitare liberamente il suo estro senza essere vincolato da tempi o da schemi precostituiti (come la somiglanza con il soggetto). Il pittore intervalla il suo lavoro di ritrattista con gli incontri con una amante infuocata, sua allieva ad un corso di pittura, le cui gesta erotiche sono descritte da Murakami con dovizia di dettagli e particolari. La vicenda si svolge in una regione rurale montuosa del Giappone, in un contesto calmo e sereno… apparentemente. Si perché ci sono fatti davvero inquietanti e inspiegabili che avvolgono una vicenda altrimenti comune. La nuova casa in cui il pittore è andato ad abitare dopo la separazione dalla moglie, era precedentemente abitata da un altro ben piú famoso artista e maestro riconosciuto e sembra nascondere segreti paurosi. A cominciare da un mistrioso suono che disturba il sonno del pittore; poi c’è quel magnifico quadro, “L’assassinio del Commendatore” appunto, ritrovato accuratamente nascosto e impacchettato in soffitta. Il quadro riproduce l’attimo finale di un duello di spada in un ambiente medievale giapponese ma sembra essere la metafora di una vicenda terrible vissuta dall’autore, ormai vecchio e completamente impazzzito, durante la sua giovinezza in Austria all’epoca dell’annessione nazista del 1938. Ad un certo punto addirittura il personaggio assassinato nel quadro prende vita… Non vado oltre, anche perché la storia continua nel libro secondo, ma mi pare che ce ne sia abbastanza per solleticare la curiosità dei lettori.
Anche in questo libro, come negli altri di Murakami che ho letto, il ritmo è lento ma irresistibilmente ammaliante; in questo lento fluire dei fatti Murakami tratteggia sapientemente la psicologia dei personaggi e la complessità delle relazioni umane, anche quando sembrano semplici e lineari. Questo aspetto mi ricorda da vicino un altro grande artista giapponese, il maestro del fumetto Jirō Taniguchi. Non conosco a sufficienza la letteratura e l’arte giapponese per poter dire se sia questa una caratteristica comune alle espressioni artistiche di quella per noi remota parte del mondo, devo peró dire che questo contrasto tra un ambiente calmo, quasi bucolico, e vicende interiori tormentate lo percepisco anche in alcuni quadri di Hosukai.
Lo stile di scrittura, come sempre per Murakami, è sublime; molto importante la traduzione che in questo caso credo sia stata fatta in modo veramente attento, a comincare dal nome dell’autore che è scritto facendo precedere il cognome (Murakami) al nome (Haruki), come deve essere in Giapponese.
Altro aspetto che ho ritrovato in questa opera di Murakami è la citazione di brani musicali, basti pensare che uno dei suoi libri piú famosi, “Norvegian Wood”, è anche il titolo di una canzone dei Beatles. Ne “L’assasinio del Commendatore” la scena raffigurata nel quadro si ispira al “Don Giovanni” di Mozart. Non ho potuto fare a meno di andare a cercare ed ascoltare i tanti brani citati nel romanzo, quasi come colonna sonora della mia lettura; anche ora che sto scrivendo ascolto i Quartetti per archi di Mendelsohn, come prima ascoltavo le jam session di Thelonius Monk e John Coltrane.
Per chi come me ama la musica e la lettura, leggere Murakami è un piacere doppio. Con L’assassinio del Commendatore” un amante della pittura puó triplicare!
Ci aggiornaimo con il libro secondo.
Murakami è oggi uno degli scrittori di maggior successo al mondo, vincitore di numerosi premi tra cui il Tanizaki e il Jerusalem Prize. Tra i suoi romanzi piú importanti Norvegian Wood (Feltrinelli 1993), Dance Dance Dance (Einaudi 1996), Kafka sulla spiaggia (Einaudi 2008), 1Q84 (Einaudi 2011-2012).
Vittorio Benzi, 16 aprile 2019