Antonio Matteo Ghione

Il Bar H è un luogo di ritrovo, di incontro e di scontro. A tratti è comico a tratti drammatico,
dispersivo e aggregante. Malinconico, falso e vero.

Il bar H è un non luogo e al tempo stesso il luogo che aggrega e catalizza le persone di un paese qualunque ammortizzando il tedio delle loro piccole vite.

Attorno al Bar H ruotano gli abitanti del paese qualunque, senza distinzione se non il ruolo che rivestono nell’alchimia dei rapporti conviviali: nascono così i rituali quotidiani, scanditi da un codice linguistico e comportamentale proprio.

E prendono vita così le storie dei frequentatori abituali che diventano i personaggi, ciascuno a suo modo, nella ragnatela del bar, consapevolmente o inconsapevolmente tessuta dal più fedele, quello che c’è sempre stato e sempre ci sarà.

L’unico che si svela al lettore nella sua fragilità umana, nelle sue debolezze, nel suo disperato bisogno di amore, nella sua solitudine.

Le sue riflessioni esistenziali lo accompagnano alla sera quando lasciato il bar e la cacofonica incongruenza dei discorsi, fa ritorno a casa, e in quel breve tragitto si affastellano confusi nella sua mente pensieri di vita, ricordi, interrogativi, il passato e il presente.

Minuti di introspezione che rimangono fuori dalla porta di casa, che il sonno stempera e che l’indomani si materializzeranno larvati in quella timida domanda

-Cos’è l’amore?-

che si perderà tra le birre e le parole perché il Bar H è, per definizione, un centro di smarrimento.

Un romanzo breve e intenso, paratattico che lascia spazio all’immaginazione passando per la mente e il cuore di chi ha ancora la fortuna di vivere in un paese a misura d’uomo, dove ogni faccia è un volto e una storia conosciuta, ogni incontro è un ritrovarsi e non manca mai una sosta al bar H per una condivisione estemporanea e una bevuta solidale.

 Beatrice De Bernardi